In onore di questa giornata oggi condivido con voi una meravigliosa chiacchierata fatta poco tempo fa con due donne incantevoli. Non ho il coraggio di definirla “intervista” perché l’ho vissuto come un vero e proprio momento di crescita personale. Infatti ve la proporrò proprio come se foste al bar con noi, davanti un cappuccino e stessimo condividendo una passione. A “ti dico di me” ho avuto l’occasione di inserire queste due anime ricche di valori e umiltà. Due donne che si rispettano, si sostengono, si spronano e apprezzano. In quasi trent’anni di vita credo di non aver mai visto nessuno sorreggersi e collaborare per un lavoro di squadra così. Narcisia e Kristel sono mamma e figlia e oggi ci raccontano come insieme sono riuscite a trasformare un sogno in una realtà fatta di creatività e unicità.
<<Da qui in poi saremo N (Narcisia), K (Kristel) ed E (Elisa). Detto questo, chi vuole iniziare a presentarsi?>>
K: vediamo, io sono Kristel, ho 31 anni, vivo a Camorino, e sono moglie e mamma di due bambini. Lavoro per un’ottica qui in città. E nel tempo libero, da novembre 2020 aiuto mia mamma in questa avventura. Mi occupo della parte “social” di questa nostra attività.
N: io sono Narcisia, ho 62 anni, Nonna e mamma, ho la passione per l’arte, e questo mi ha portata qui oggi a parlarti del mio Atelier.
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E: Cos’è Atelier BN e come nasce?
N: ho sempre amato dipingere, da quando ho memoria penso di aver sempre spennellato, ma lo facevo per me, per qualche amica o famigliare, ma mai avrei pensato di iniziare questo percorso insieme a mia figlia. Credo di aver sempre avuto il timore di ciò che pensava la gente. Mi piace dire, perché è la verità, che ho sempre dato un tocco di unicità alla casa di tutti. Per fortuna ho una figlia che crede moltissimo in ciò che faccio, e con questa idea mi ha lanciato nel mondo dei social network e sono grata a Kristel di averlo farlo.
K: Si in effetti l’idea è nata “dal niente”, mi sono presi i 5 minuti, un giorno ho esposto a mamma l’idea e non era convintissima, ma poi le ho fatto capire che tentare non sarebbe costato nulla e che se fosse andata male non avremmo “perso nulla”. Chissene frega di ciò che dice la gente, ciò che conta è la consapevolezza che abbiamo di noi stesse come donne, e in questo caso di mamma come artista. E poi io conosco i lavori di mia mamma; non poteva andare male… e così ci siamo lanciate! Ho iniziato a pubblicare foto di qualche vecchio quadro, ed è stato magico vedere il feed-back delle persone. Dal primo giorno, abbiamo avuto la prima richiesta, e la soddisfazione più grande per me è che non c’è stato nemmeno un giorno in cui io non ne abbia ricevuto almeno una piccola.
N: Si è vero, inizialmente io ero molto più frenata di Kristel. Diciamo che i social network non sono il mio forte, e mi sentivo fin troppo esposta.
K: si pensa che inizialmente mamma nemmeno voleva che io dicessi o menzionassi in una qualche storia o in un qualche post che l’autrice era lei. Guai! Non firmava nemmeno i suoi quadri, ha iniziato a farlo forse da un annetto, non di più.
E: È per questo che il nome dell’atelier è così criptico? Cosa significa BN?
N: In parte sì, non volevo appunto che l’atelier si chiamasse Narcisia D’Urbano, ma anche dargli un altro nome per me non avrebbe avuto senso. È partito tutto per il forte legame che abbiamo, come famiglia, per quanto ci sosteniamo, e quindi ho voluto sfruttare due amori grandi per me, che sono mie immense fonti d’ispirazione, i miei nipoti: Brando e Nicole.
K: Si penso che questa sigla possa in un qualche modo rappresentare l’astratto dietro l’atelier, la libera interpretazione di ognuno, che però porta con sé un legame forte e unico. Per assurdo, due bambini, che sono spesso da difendere e accudire, sono stati la forza di mamma, e questo BN è stato lo scudo che le ha permesso di buttarsi e “rischiare”.
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E: Atelier BN ora è il tuo lavoro?
N: sono in prepensionamento, e il mio impiego principale è fare la mamma e la nonna. Inoltre cerco sempre di mantenerla una passione, e non un vero e proprio lavoro, perché avrei paura di perdere quella semplicità e quella libertà che in fase creativa contraddistingue ogni pezzo.
E: è scontato o forse inadeguato chiederti cosa succede nel processo creativo? Cos’è che ti fa partire davanti ad una tela bianca?
N: Non lo è, infatti non è mai facile o scontato “creare”. Devo essere ispirata. Mi capitano interi giorni in cui non riesco a buttare giù niente, e altri in cui in 30 minuti posso farti un astratto elaborato. Infatti devo ammettere che mi sono resa conto che le richieste specifiche sono sempre più difficili per me da realizzare, piuttosto che avere l’estrema libertà di interpretare un’idea. È giusto che io rispetti le richieste, ma è vero che se un colore o il soggetto del quadro non rientra nelle mie corde diventa spesso complesso. A volte si pensa che per dipingere ci voglia solo fantasia e una buona mano. Ma non è così, e i miei pezzi ne sono la prova. Dentro ci possono essere ore di idee, impegno, bozze, prove su prove, e sicuramente non raggiungono la perfezione, ma dentro hanno tante sensazioni, emozioni, e secondo me chi riceve il quadro questo lo percepisce. I miei sono tutti pezzi unici; nessun quadro sarà mai la copia di un altro. È questo che gli da valore. Mi è anche capitato di rifiutare dei lavori perché non erano assolutamente in linea col mio “essere”. Preferisco declinare che accontentare. La mia mente e le mie mani funzionano davvero bene e al meglio delle loro possibilità proprio con l’astratto, quando mi si lascia carta bianca, perché è lì che il vero processo creativo diventa quella che io considero la mia arte. Per me è una vera e propria rivoluzione di emozioni.
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E: conoscere il richiedente è più facile o più difficile?
N: ma da una parte c’è sempre la paura di deludere le aspettative, però se la conoscenza è intima di solito sai i suoi gusti, conosci cosa può colpirlo, cosa può farlo emozionare. Entrambe le situazioni hanno i loro pro e i loro contro. Ma in alcuni casi è anche questo il bello “del gioco”.
K: secondo me mamma la sta facendo facile, ma devi sapere che ci sono volte in cui per un quadro servono 3, 4, 5 bozze, e quindi il tempo usato per creare si triplica e dietro c’è un grandissimo lavoro, oso dire inimmaginabile. Soprattutto col cliente, perché non sempre è in accordo al 100% con la bozza, e mia mamma è felice e appagata solo quando percepisce che il richiedente è davvero colpito e soddisfatto. Lei non molla fino al nulla osta, ma non deve essere un accordo di contentino, lei pretende che chi riceve il quadro senta la stessa emozione che voleva nella richiesta.
N: si ma il lavoro che fai tu è importante, sei tu la prima che prende il contatto e ascolta la richiesta, la interpreta e cerca di portarmi nella giusta direzione.
K: si ma sei tu che la crei.
E: eccole, l’eterno sostegno reciproco. (ndr: tutte e 3 sorridiamo e Narcisia mi racconta che poche mattine prima al bar le hanno fatto i complimenti per l’Atelier e lei ha risposto “fa tutto mia figlia” e Kristel ribatte con un prontissimo “certo lei fa i quadri, ma guai a prendersi mezzo merito.”)
E: quindi, che fine fai tu durante il processo creativo?
K: me ne sto nella mia confort zone, dietro le quinte. Tengo attiva la pagina, stabilisco i contatti col cliente, dal primo all’ultimo. Sono io che prendo la comanda, che la inoltro a mamma, che condivide con tutti le bozze e i vari step, e infine consegno.
E: mi sembra di capire che qui c’è il giusto equilibrio tra mente e braccio. Con cosa, ma soprattutto dove nascono le tue creazioni? Hai un luogo tutto tuo?
N: Si, nell’appartamento in cui vivo ho una camera che ho da poco riorganizzato. Prima era la camera di mia mamma, ma è venuta a mancare e in un qualche modo sentivo il bisogno di riempire quel senso di vuoto immenso che può lasciare una perdita così grande. Mamma è morta in un periodo storico in cui dirsi addio è diventato difficile e per certi versi disumano. Dare un senso a quello spazio senza di lei, con un progetto così pieno di creatività, unicità, rispetto e che soddisfa dei bisogni di qualcun altro e porta gioia, credo sia stato il modo perfetto per rendere omaggio e per ringraziarla di questo dono che mi ha fatto. L’acrilico e la musica mi aiutano ad assorbire totalmente la sua essenza. Alcune volte mi sento accompagnata, e forse lo sto capendo solo adesso, parlandone, di quanto sia forte l’impatto che la scelta di usare questo spazio ha avuto e ha tutt’ora su di me e su quello che creo. (ndr. Tutte e tre tratteniamo l’emozione per un qualche secondo di silenzio)
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E: e con questo piccolo tuffo nel passato, come vi immaginate il futuro?
K: io lo vedo bene, non ci credo che possa prima o poi fermarsi… il riscontro è troppo positivo, non è nei miei piani fermarci.
N: io spero di poter continuare a fare quello che mi ha portata qui; regalare emozioni. Non potrei continuare se un giorno questo aspetto del mio atelier venisse a mancare.
E: dove vi trova chi cerca il regalo perfetto? Un regalo unico e ricco di significato?
Le nostre pagine social si chiamano sia su FB che su IG Atelier.bn – quindi vi basta cercarci e scriverci! Vi risponderà Kristel!
E: volete aggiungere qualcosa?
E qui, per la prima volta, danno la stessa risposta… nient’altro d’aggiungere. E quindi le ultime parole di questa intervista le butto fuori io.
Ho fatto la dura quando ho incontrato queste due donne. Ma oggi sto scrivendo col magone in gola e gli occhi lucidi. Magari scrivendo non sono riuscita ad esprimere con chiarezza quanto attaccamento traspare dai racconti di Narcisia, e nemmeno quanto rispetto Kristel ha per il lavoro di sua madre. Il motivo per cui questa intervista esce oggi è proprio il risultato di questo legame speciale, che viene tramandato di generazione in generazione. Un bagaglio famigliare basato sull’amore reciproco. Quanto è difficile oggi riconoscere negli esseri umani questa magia? Questi valori, ormai quasi invisibili e dimenticati, trovano ancora posto in anime buone come quelle di queste due Donne. Quella mattina c’erano anche i figli di Kristel, e sentire una nonna parlare del coinvolgimento creativo di sua nipote e percepire quasi con mano la gioia di questo lascito mi ha dato un po’ di speranza non solo nel genere umano, ma soprattutto nella capacità di avere un cuore che funziona in toto, che non si limita a battere, ma che è dentro di noi per condividere sempre più affetto, incondizionato, puro e unico come quello di un bambino. In questo caso di Brando e Nicole che con la loro ingenuità di bambino hanno permesso a una mamma e ad una nonna di creare da un semplice dono la vera essenza della vita: la capacità di emozionarsi.
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